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A partire dal 2011 è stata introdotta in Italia la cedolare secca, una tassa alternativa all’IRPEF che permette ai proprietari di immobili residenziali dati in affitto, di versare allo stato il 21% dei canoni, al posto di far confluire quelle somme nel reddito IRPEF.

La percentuale da versare scende al 10% nel caso di contratto a canone concordato, e nella recente manovra approdata in Senato è contenuta la proroga a tale agevolazione.

A partire dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi, secondo quanto rilevato da Confedilizia, l’evasione tributaria (tax gap) è diminuita del 42% e anche la propensione all’inadempimento si è ridotta del 40%.

“In pochi anni”, commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, “grazie alla cedolare secca si è quasi dimezzata sia l’entità delle somme sottratte al fisco, sia la propensione all’inadempimento, recuperando circa un miliardo di euro. Inoltre, i numeri certificano che, negli ultimi anni, questo è l’unico comparto nel quale la tax compliance è cresciuta.”

In un primo momento, sembrava che sulla base della nuova manovra la cedolare secca fosse estesa anche al mercato immobiliare commerciale,  cosa poi però che non è stata confermata nel testo della legge bollinata dalla Ragioneria dello Stato. Sono però ancora possibili modifiche.

Per quanto riguarda l’aspetto dell’evasione il mercato dell’immobiliare commerciale è meno soggetto al ‘nero’, se non altro poiché nasce spesso l’esigenza di dedurre i costi dei canoni di locazione.

D’altro canto però, è indubbio che le agevolazioni potrebbero dare un impulso al settore, contribuendo a contenere la svalutazione degli immobili commerciali, imputabile in gran parte proprio alla importante tassazione cui sono soggetti.

L’Italia sconta ancora gli effetti dello spropositato aumento di tassazione sugli immobili deciso nel 2011 e non più corretto” spiega Confedilizia in una nota. “È ormai evidente che un carico tributario di 50 miliardi di euro l’anno (di cui almeno 20 di natura patrimoniale) non è sopportabile. Bisogna intervenire e bisogna farlo subito.”

Per questo Confedilizia chiede fortemente che la cedolare secca sia estesa anche agli immobili commerciali, dichiarando di aver “ripetutamente evidenziato l’urgenza di dare un segnale di attenzione al settore che manca all’appello della (sia pur timida) ripresa dell’economia italiana, quello immobiliare.”

La cedolare si impone anche per ragioni di equità”, si legge ancora nel comunicato di Confedilizia, “anzitutto per compensare almeno in parte il forte carico di tassazione patrimoniale che gli immobili locati subiscono con Imu e Tasi.”

Questi dati dovrebbero finalmente convincere Parlamento e Governo a estendere la tassazione a partire da negozi e uffici”, continua l’Associazione. “Le risorse le offre proprio il recupero di evasione ottenuto con la cedolare nel settore abitativo. Adesso, davvero, non ci sono più scuse.”

Secondo i calcoli, l’agevolazione, se fosse applicata a tutti gli immobili non abitativi provocherebbe una diminuzione del gettito tributario pari allo 0,1% del Pil (1,6 miliardi di euro), mentre se fosse invece limitata ai soli locali commerciali, scenderebbe allo 0,06% del Pil (circa 980 milioni di euro).

“Abbiamo proposto al Governo e al Parlamento diverse ipotesi, anche sperimentali”, sottolinea infine Confedilizia. “Se ne scelga una, ma che si cominci.”

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