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Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo scorso 15 ottobre il disegno di legge relativo al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019. Nel DdL viene prevista per gli affitti di immobili commerciali quali negozi e capannoni, l’introduzione della cedolare secca al 21% in sostituzione delle aliquote Irpef. Questo sistema di tassazione è già in vigore dal marzo del 2011 per gli affitti di immobili a fini abitativi.

Nell’articolo del nuovo DdL di Bilancio intitolato “Cedolare secca sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale”, si prevede che il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019 aventi ad oggetto “unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 mq, escluse le pertinenze, e relative pertinenze locate congiuntamente” possa essere assoggettato al regime della cedolare secca.

Il Governo precisa però che la cedolare secca per gli affitti degli immobili commerciali “non è applicale ai contratti stipulati nell’anno 2019” qualora “al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”.

Tra i favorevoli all’introduzione della cedolare secca anche per gli affitti degli immobili commerciali figura Confedilizia, che chiede questa innovazione da lungo tempo: ”In attesa di leggere il contenuto esatto della norma”, ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, “rileviamo che si tratta di un passo importante che contribuirà ad attenuare la piaga dei locali vuoti, favorendo l’avvio di nuove attività economiche e scongiurando il dilagare di situazioni di degrado”.

Così come nel caso dell’introduzione della cedolare secca per gli immobili a uso abitativo, anche quella per gli immobili commerciali ha lo scopo principale di far emergere il nero sugli affitti, consentendo ai contribuenti di beneficiare di importanti agevolazioni sul calcolo dell’imposta dovuta sul reddito da locazione.

Secondo un’elaborazione de Il Sole 24 Ore realizzata su dati della società indipendente di ricerca e consulenza economica per le imprese Nomisma, ad oggi, in molte città italiane l’affitto di un negozio rende meno di quello di una casa: non solo a causa del calo dei canoni, ma anche dell’attuale imposizione fiscale.

Per esempio, a Milano, sulla base dell’elaborazione del quotidiano di Via Solferino, l’affitto di un trilocale in zona semicentrale, al netto di cedolare secca, Imu e Tasi lascia al proprietario 6.603 euro annui, mentre l’affitto di un locale commerciale con caratteristiche simili a quello abitativo, al netto dell’attuale sistema di tassazione lascia al proprietario 5.555 euro annui. Ipotizzando invece l’applicazione della cedolare secca al 21%, il reddito per il proprietario dell’immobile commerciale sarebbe di 7.905 euro annui.

Questa maggiore marginalità potrebbe, secondo i sostenitori della cedolare secca, fornire una spinta al mercato degli affitti commerciali. In Italia risultano oltre 770mila immobili commerciali non locati e tra il 2015 e il 2017 il numero di nuovi contratti non abitativi è rimasto stabile, poco sotto i 370mila.

“Per il settore immobiliare, che è sfiancato da una crisi superiore a quella di altri comparti, c’è molto da fare”, ha continuato Spaziani Testa. “Nel corso del cammino della manovra, Confedilizia continuerà a fare le sue proposte, ma il primo tassello è stato posto”.

Gruppo Four Sviluppo, società che opera prevalentemente nel settore della media e grande distribuzione organizzata, collaborando con le maggiori insegne del settore alimentare e non alimentare, sia a livello nazionale che europeo, è molto attenta ai cambiamenti del mercato e agli scenari politico-economici in cui si trovano a operare i suoi clienti.

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