Il governo giallo-verde formato da Movimento Cinque Stelle e Lega, così come già annunciato da entrambi i partiti in campagna elettorale, ha deciso di riprendere l’iter legislativo che ha l’obiettivo di regolamentare ‘dall’alto’ l’apertura e la chiusura degli esercizi commerciali la domenica e nei giorni festivi.
Secondo quanto dichiarato recentemente dal vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio, la legge prevederà un meccanismo secondo cui ci sarà una turnazione: “resterà aperto il 25% dei negozi”, ha spiegato Di Maio, “mentre gli altri, a turno, rimarranno chiusi”. La chiusura dei negozi non dovrebbe riguardare le città turistiche, come ha precisato il responsabile del dicastero dell’Agricoltura e del Turismo, Gian Marco Centinaio
Quella di Centinaio, è stata una precisazione che si è aggiunta a un tourbillon di esternazioni contraddittorie da parte di esponenti di entrambe le compagini di Governo. Non è dunque affatto chiaro quali saranno i termini della proposta di legge che approderà alla Camera. Di certo, per ora c’è solo che lo stop domenicale regolamentato dei negozi, a prescindere da chiusure totali o parziali e da turnazioni, rischia di deprimere i consumi e far abbassare le serrande ai commercianti non solo durante i giorni festivi, ma per sempre.
“Per quel che riguarda la grande distribuzione”, ha spiegato Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, “il dato è che siamo ancora sotto i consumi che avevamo nel 2010 e stimiamo che, ripristinando le chiusure festive e domenicali, ci potrà essere un calo dell’1 per cento nel settore alimentare e del 2 per cento in quello non alimentare. Con un indubbio vantaggio a favore del commercio elettronico, che continua a svilupparsi a due cifre.”
La liberalizzazione dell’apertura degli esercizi commerciali in Italia è stata varata dal governo Monti nel 2011 ed è contenuta nell’articolo 31 del cosiddetto decreto ‘Salva Italia’, il quale prevede la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali su tutto il territorio nazionale, eliminando i vincoli precedentemente previsti che consentivano, solo in via sperimentale, il venire meno degli orari di apertura e di chiusura, nonché dell’obbligo della chiusura domenicale e festiva e quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale per gli esercizi ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o nelle città d’arte.
Gradara è convinto che l’apertura domenicale dei negozi introdotta nel 2011, non vada a tutto vantaggio della GDO e a danno delle piccole realtà, come invece sostenuto da molti: “I dati del ministero delle Attività produttive ci dicono che da quando è entrato in vigore il decreto Salva Italia, c’è stata una diminuzione dell’1,9 per cento”, ha detto Gradara. ”Ed è sorprendentemente poco, tenendo conto di altri fattori come la crisi dei consumi, l’avvento dell’e-commerce, che sicuramente hanno contribuito a danneggiare il piccolo commercio che, all’interno di un mercato che sta cambiando, deve affrontare la sfida di riconvertirsi.”
L’articolo 31 del decreto ‘Salva Italia’, secondo la sentenza n.299 del 19 dicembre 2012 della Corte Costituzionale, ha introdotto “misure coerenti con l’obiettivo di promuovere la concorrenza”. Nella medesima sentenza si sottolinea poi come “l’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali“ favorisca “a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico, più aperto all’ingresso di nuovi operatori”, ampliando “la possibilità di scelta del consumatore.”
Lo shopping domenicale è un’opportunità attualmente colta dal 75% degli italiani, come ha ancora sottolineato Gradara: “Solo le aziende a noi associate hanno ogni domenica circa 12 milioni di clienti. È evidente che siamo andati a cogliere un bisogno inespresso. Un ritorno a un passato lontano così violento credo che andrebbe spiegato a quelle decine di milioni di persone che oggi si avvalgono di un servizio che domani verrebbe loro negato.”
La chiusura domenicale dei negozi rischia inoltre di impattare negativamente sull’occupazione, come sottolinea Francesco Pugliese, amministratore delegato e direttore generale di Conad: “Le domeniche incidono per il 10% e quindi sicuramente avremo circa 40-50mila tagli. Quei 400 mila saranno felici di non lavorare, ma i 50mila non so se lo saranno.”
Gli fa eco l’Associazione Nazionale Cooperative fra Dettaglianti Conad: “Stupisce che, in un momento di grandi difficoltà economiche, le organizzazioni a tutela dei lavoratori non mostrino preoccupazione a fronte di una proposta che mette a rischio migliaia di posti di lavoro in un settore che attualmente vede impiegati circa 450 mila addetti, a cui vanno aggiunti quelli dell’indotto.”
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